Renata Gili

Lavarsi le mani, un piccolo gesto che può salvare la vita

Siamo negli anni Quaranta del 1800. All’Ospedale di Vienna ci sono due padiglioni dedicati alla maternità, uno diretto dal professor Klin, l’altro dal professor Bartch. Nel febbraio del 1846 il ventottenne Ignazio Filippo Semmelweis, medico ungherese trasferitosi nella capitale austriaca, viene nominato assistente nella clinica di Klin. Il giovane, non così contento, si trova a lavorare in un contesto difficile. Fra le partorienti dilaga, infatti, la paura: quella di morire per la sepsi puerperale, una grave malattia che si verifica dopo il parto. Le donne hanno ragione a essere terrorizzate: ogni cento parti, fra le venti e le trenta muoiono in questo modo crudele. I medici, del tutto ignari della causa (gli studi di Louis Pasteur, padre della microbiologia, faranno chiarezza solo fra qualche anno), sono ormai indifferenti a quella che ha i tratti di una tragedia. Incolpano il destino o il freddo. Talvolta l’ansia delle ragazze o la loro depressione. Semmelweis, di fronte a tale sofferenza, nota una cosa importante che non piacerà al suo capo: si muore più da Klin che da Bartch. E nota anche un’altra cosa. A differenza della clinica di Bartch, dove lavorano le ostetriche, in quella di Klin operano gli studenti dopo gli esercizi di anatomia sui cadaveri. L’intuizione che segue è geniale: “sono le dita degli studenti, contaminatesi nel corso di recenti dissezioni, a portare le fatali particelle cadaveriche negli organi genitali della donna incinta”. Semmelweis, insomma, è il primo a capire che sono i medici stessi, senza lavarsi le mani, a trasformarsi in veicoli di infezione. Li obbliga così a lavarsi prima di visitare le partorienti e il risultato è sorprendente: la mortalità si annulla quasi del tutto. Problema risolto? No, purtroppo. Gli insegnamenti del medico ungherese vengono ignorati, in primis da Klin, e Semmelweis muore nel 1865 in un manicomio di Vienna solo e criticato da tutti. Lo racconterà, anni dopo, Louis-Ferdinand Céline, che dedicherà la sua tesi di laurea in medicina a questa storia. Pochi giorni fa, il 5 maggio, si è celebrata la giornata mondiale dell’igiene delle mani. Oggi la febbre puerperale non ci fa più paura ma il problema delle infezioni che possono essere acquisite in ospedale rimane rilevante. Per fortuna vi è un ampio margine di prevenzione. Fino al 70% dei casi potrebbero essere evitati con un gesto tanto semplice quanto scontato: un accurato lavaggio delle mani, come Semmelweis ci insegnò oltre centocinquanta anni fa.

[Articolo pubblicato sulle pagine di Repubblica Torino martedì 7 maggio 2024]