Renata Gili

Contro la pertosse vaccinare gli adulti per proteggere i neonati

In Italia, nei primi mesi del 2024, ci sono stati oltre cento casi di pertosse. Più di quindici neonati sono finiti in terapia intensiva. Purtroppo, tre sono morti. Stiamo parlando, avrete intuito, di una malattia che può essere grave, in particolare sotto l’anno di età. È questa, infatti, la fase della vita in cui i bambini sono più vulnerabili ed è per tale ragione che la prima dose di vaccino contro la pertosse viene somministrata (insieme ad altre vaccinazioni) il più presto possibile, al compimento dei due mesi. Subito dopo la nascita, però, non si è protetti da questa malattia e questo ci porta a due considerazioni importanti. La prima è che, al contrario di quanto molti genitori pensano, ritardare i vaccini per paura che sia pericoloso somministrarli così presto è sbagliato: aspettare non fa altro che prolungare il periodo in cui i propri figli sono a rischio di contrarre pericolose infezioni. La seconda è che un modo per proteggere dalla pertosse i bambini appena nati, in realtà, c’è. E se non lo si può fare vaccinando loro, lo si può (e lo si deve!) fare vaccinando la madre durante la gravidanza, intorno alla 28ª settimana. Ciò permette di “donare” gli anticorpi al nascituro proteggendolo dalla malattia nei primi mesi di vita. Questo discorso vale anche per le donne già vaccinate in precedenza? Sì, perché la protezione non è duratura e ripetere il vaccino a ogni gravidanza permette di aumentare il livello di anticorpi. Ma nei primi due mesi i bambini non vanno ancora al nido, non possono rischiare di prendersi la pertosse, potreste pensare. Anche questo è un errore. Come abbiamo detto, l’immunità conferita dal vaccino non è duratura: i ragazzini e gli adulti (che magari si sono scordati il richiamo che andrebbe fatto, insieme a quello per il tetano, ogni dieci anni) potrebbero, in forma più lieve, ammalarsi. Questo, unito al fatto che la malattia è molto contagiosa e difficile da diagnosticare tempestivamente, fa sì che proprio i genitori (oppure le altre persone a contatto con il neonato come fratelli più grandi, nonni o babysitter) costituiscano un’importante fonte di infezione dei più piccoli. C’è, però, un fatto che vale la pena sottolineare: spesso le madri non ricevono dal proprio medico alcuna informazione sulla disponibilità di un vaccino da effettuare durante la gravidanza. Un grave problema che deve essere risolto: non è accettabile che oggi dei bambini muoiano a causa di una malattia facilmente prevenibile.

[Articolo pubblicato sulle pagine di Repubblica Torino martedì 28 maggio 2024]

Fonti

https://www.iss.it/documents/20126/45616/18_23_web.pdf/d84c010e-b06d-3f1f-28f7-a2e7598b4325?t=1581095816428

https://www.epicentro.iss.it/pertosse/pdf/Pertosse_2014.pdf