Renata Gili

L’intramoenia non è il male

Il nuovo commissario della Città della Salute e della Scienza di Torino, il più grande ospedale piemontese, ha dichiarato, con l’assessore alla sanità, di voler sospendere temporaneamente la libera professione dei medici per risolvere il problema delle liste d’attesa. Parliamo della cosiddetta “intramoenia”, attività privata svolta extra orario di lavoro solitamente all’interno dell’ospedale stesso. Hanno ragione il neo-commissario e l’assessore a concentrarsi su questo tema: i tempi per sottoporsi a visite ed esami sono ormai interminabili e costringono migliaia di persone – quelle che la sanità pubblica più dovrebbe tutelare – a rinunciare alle cure. Questa la ricetta proposta: da un lato stop all’attività privata dei medici dipendenti dell’ospedale, dall’altro aumento delle ore di lavoro (con le cosiddette prestazioni aggiuntive) degli stessi professionisti, che invece di dedicarsi alla libera professione potrebbero impegnarsi maggiormente nel pubblico, la sera e i week end, contribuendo a risolverne i problemi. Vediamo, però, perché potrebbe rivelarsi fallimentare e pericolosa. Intanto, le prestazioni aggiuntive: sono ore di lavoro pagate che un medico può svolgere oltre il proprio orario di servizio. Si tratta, però, di prestazioni straordinarie pagate poco più delle ordinarie. Le ore aggiuntive, insomma, in molti casi non sono convenienti. Né per chi fa normalmente attività privata, perché guadagnerebbe meno, né per quei medici che di attività privata ne fanno poca o nulla, perché molti tutt’al più desidererebbero lavorare un poco meno, per una migliore qualità di vita, e non certo di più. I medici nel pubblico lavorano fra 8 e 12 ore al giorno, le notti e i week end. Un ambiente sanitario in cui si possono fare ore in più senza possibilità di attività privata esiste, è il pronto soccorso: pochi medici decidono di fare prestazioni aggiuntive perché già i turni sono faticosi. E non solo: in molti scappano, e questo è il rischio maggiore. Le soluzioni al problema delle liste d’attesa sono altre, a partire dalle politiche del personale: assumere, pagare adeguatamente e assicurare una buona qualità della vita lavorativa, per evitare che i medici abbandonino il pubblico per il privato. Ma non solo: serve rendere più efficiente il sistema, migliorando i sistemi informatici e riducendo la burocrazia. Siamo sicuri che le proposte dell’assessore e del commissario siano una buona ricetta per rafforzare la sanità pubblica? Io non ne sono certa.

[Articolo pubblicato sulle pagine di Repubblica Torino martedì 11 febbraio 2025]