Fra il ‘400 e il ‘700 i navigatori europei esplorarono il mondo. Fu l’epoca delle scoperte geografiche ma il prezzo da pagare, in termini di vite umane, non fu certo banale: i marinai, che vivevano per mesi in condizioni precarie, costretti a una dieta povera e limitata, temevano la diffusione di malattie a bordo. Una in particolare divenne la principale causa di morte negli equipaggi impegnati in lunghi viaggi: lo scorbuto. Solo verso la metà del ‘700 si scoprì che grazie al consumo di agrumi si poteva prevenire la malattia e così la marina britannica iniziò a rifornire le navi con milioni di litri di succo di limone, debellando il flagello. Anni dopo, nella metà del ‘800, si iniziò a consumare riso bianco lavorato (dal quale veniva rimosso lo strato esterno ricco di nutrienti) e divenne comune un’altra malattia, il “beriberi”, causa di enormi sofferenze. Qual era la causa di questi mali? Solo dopo anni di ricerche, nel 1912 il biochimico polacco Casimir Funk capì che per mantenere un buono stato di salute era necessario assumere sostanze contenute in determinati alimenti. Chiamò queste molecole “ammine vitali” (in inglese, “vital amine”), termine poi abbreviato in “vitamine”. Vennero così isolate la vitamina B1, la cui carenza causa il beriberi, la vitamina C per lo scorbuto, e anche la vitamina D, la cui carenza causa il rachitismo, altra malattia che affliggeva i bambini. Nella prima metà del ‘900 vennero identificate tutte le 13 vitamine che sappiamo essere essenziali: la nostra salute dipende da queste molecole, che il nostro organismo non è in grado di produrre. Una scoperta fondamentale che ha aperto la strada a un business notevole: oggi, solo in Italia, 30 milioni di persone utilizzano integratori di vitamine, con un mercato di oltre 3 miliardi di euro. La domanda è: assumere multivitaminici serve a prevenire le malattie e a stare meglio? Risposta: no, e a confermarlo – insieme a diverse ricerche precedenti – è un recente studio condotto su quasi 400.000 persone seguite per 20 anni, che sottolinea come non ci siano benefici derivanti dall’assunzione di questi prodotti sul rischio di mortalità da cancro o malattie cardiovascolari. A meno di carenze specifiche, insomma, assumere integratori non serve. Impegniamoci, piuttosto, a seguire una dieta varia ed equilibrata, fondamentale per assumere i nutrienti necessari al nostro organismo: si risparmiano soldi e si guadagna in salute.
[Articolo pubblicato sulle pagine di Repubblica Torino martedì 20 agosto 2024]
Fonti
https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2820369